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I santi patroni di Sorbolo sono festeggiati il 15 febbraio, il giorno dopo San Valentino.
SS.Faustino e Giovita, due fratelli bresciani, sono sepolti nella chiesa di San Faustino Maggiore
nella città lombarda.
 La leggenda vuole che i due santi siano passati da Sorbolo e che abbiano dormito sotto una pianta di Sorbo a fianco della chiesa. Un passaggio che potrebbe essere definito probabile alla luce di considerazioni, che possono essere valutate e confutate, ma chepartono da alcuni elementi storici precisi.
Un'epigrafe romana scoperta nel '600 facendo dei lavori nell'area cortilizia della chiesa di Sorbolo porta l'iscrizione funeraria di una persona appartenente alla tribù Arnenis.
Facendo un salto indietro nel tempo, in periodo romano, Sorbolo é un villaggio agricolo così come Ramoscello e Frassinara (dove sono stati trovati resti delle antiche fattorie che i centurioni romani avevano avuto in dono dopo anni e anni di battaglia in nome dell'Impero)
Il nostro paese, come il resto dell'Emilia, da Fidenza a Bologna, fa parte di una circoscrizione  "amministrativa" romana chiamata Pollia, una sola città invece era parte di un'altra circoscrizione, la Arnensis: Brixellum (Brescello).
All'epoca Brixellum, ovvero la piccola Brixia (Brescia), era forse sull'altra riva del Po e aveva probabilmente rapporti con la città da cui prendeva nome.
Anche se Sorbolo aveva come proprio riferimento Parma, la vicinanza con Brixellum fa supporre che ci fossero legami e contatti consolidati anche con il paese del reggiano.
Nel tragitto compiuto da Faustino e Giovita verso Roma  si suppone possano essere passati da Brescello. All'epoca, ricordiamo, era uno dei centri più importanti dell'area, tanto che pochi anno dopo, in periodo cristiano arriverà ad avere un propria sede vescovile.
I due fratelli, dopo aver lasciato Brescello, nel loro cammino verso la città eterna potrebbero effetivamente aver passato una notte a Sorbolo, prima di riprendere il loro viaggio.

 

Santi Faustino e Giovita, martiri
Biografia tratta dal sito Santi e Beati
La "Leggenda maior" ci racconta che entrambi erano figli di una nobile famiglia pagana di Brescia. Entrarono presto nell'ordine equestre e divennero cavalieri. Attratti dal Cristianesimo, dopo lunghi colloqui con il vescovo sant'Apollonio, chiedono e ottengono il battesimo. 
Si dedicano subito all'evangelizzazione delle terre bresciane e per il loro zelo il vescovo Apollonio nomina Faustino presbitero e Giovita diacono. Il successo della loro predicazione li rende invisi ai maggiorenti di Brescia che approfittando della persecuzione voluta da Traiano (la terza) invitano il governatore della Rezia Italico ed eliminare i due col pretesto del mantenimento dell'ordine pubblico. La morte di Traiano ritarda però i piani del governatore, che approfittando però della visita del nuovo imperatore Adriano a Milano denuncia i due predicatori come nemici della religione pagana. L'imperatore preoccupato da l'autorizzazione a Italico per la loro persecuzione. Questi dapprima minacciandoli di decapitazione chiede ai due giovani di abiurare e di sacrificare agli dei, ma i due si rifiutano e per questo vengono carcerati. Nel frattempo l'imperatore Adriano conduce una campagna militare nelle Gallie e rientrando in Italia si ferma a Brescia, Italico lo coinvolge direttamente nella questione ed è l'imperatore stesso a chiedere ai giovani il sacrificio al dio sole. I giovani non solo si rifiutano ma danneggiano la statua del dio. 
L'imperatore ordina allora che siano dati in pasto alle belve del circo, ma le bestie si accovacciano mansuete ai piedi dei giovani e Faustino approfitta dell'occasione per chiedere la conversione degli spettatori dello spettacolo circense e molti proclameranno la loro fede al Cristo, tra questi Afra, la moglie del governatore Italico, che conoscerà ella stessa il martirio e la santità. La conversione del ministro del palazzo imperiale nonché comandante della corte pretoria, Calocero, irrita ancor più l'imperatore che ordina che i giovani siano scorticati vivi e messi al rogo, ma le fiamme non lambiscono nemmeno le vesti dei giovani, che vengono condotti in carcere a Milano, perché le conversioni a Brescia continuano ad aumentare. A Milano sono nuovamente torturati e subiscono il supplizio dell'eculeo, ma anche in questa prigionia succedono eventi miracolosi, come l'uscita dal carcere dei due per incontrare e battezzare san Secondo.
Trasferiti a Roma vengono portati al Colosseo dove nuovamente le belve si ammansiscono ai loro piedi. Inviati a Napoli per nave, durante il viaggio sedano una tempesta. A Napoli sono nuovamente torturati e abbandonati in mare su una barchetta, ma gli angeli li riportano a riva. L'imperatore ordina allora il loro rientro a Brescia dove il nuovo prefetto eseguirà la sentenza di decapitazione il 15 febbraio poco fuori di porta Matolfa. Saranno sepolti nel vicino cimitero di San Latino dove il vescovo san Faustino (ecco un altro santo con nome Faustino) costruirà la chiesa di San Faustino ad sanguinem, poi Sant'Afra e oggi Sant'Anna Merici. Alcune reliquie sono oggi conservate nella basilica dedicata ai due martiri. I due martiri sono raffigurati spesso in veste militare romana con la spada in un pugno e la palma del martirio nell'altra, in altre raffigurazioni sono in vesti religiose, Faustino da presbitero, Giovita da diacono.
Di storico vi è l'esistenza dei due giovani cavalieri, convertitosi al cristianesimo, tra i primi evangelizzatori delle terre bresciane e morti martiri tra il 120 e il 134 al tempo di Adriano, che molto probabilmente non li conobbe mai e che da quanto risulta non ordinò mai direttamente una persecuzione, ma semplicente non intervenne mai per impedire quelle che nascevano nei vari angoli dell'impero. Il loro culto si diffuse verso l'VIII secolo, periodo in cui fu scritta la leggenda, prima a Brescia e poi per mezzo dei longobardi in tutta la penisola ed in particolare a Viterbo. Il loro patronato su Brescia fu confermato anche a causa di una visione dei due santi che combattevano a fianco dei bresciani contro i milanesi nello scontro decisivo che fece togliere l'assedio alla città, il 13 dicembre 1438.

 

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